lunedì 30 dicembre 2019
Gabberi 29-12-19
giovedì 26 dicembre 2019
Natale 2019
sabato 2 novembre 2019
Nonni
<Questo è stato il 26 gennaio 1943. I miei amici più cari mi hanno lasciato in quel giorno>.
Quest’estate ho letto Il sergente della neve di Rigoni Stern, un libro che narra la tragica vicenda dei soldati italiani inviati in Russia a sostegno delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale.
Gino, un mio caro amico, mi diceva continuamente che la crescita è una sorta di spirale in cui si procede in avanti senza un andamento lineare, attingendo costantemente al passato per cogliere elementi necessari a progredire. Questa frase del libro ha in qualche modo scosso in me la polvere su quei racconti riguardanti mio nonno Silvio che avevo accantonato senza dare loro il giusto peso.
Oggi 2-11-19, giorno dei morti, voglio raccontarmi un po’ di cose sulla mie truppe di seconda linea, i miei nonni.
Francesco ha da poco compiuto 6 anni. Per certi versi mi sembra già grande, sorrido ai progressi fatti, le paure superate, i tuffi, la bicicletta, la capacità di organizzare, finire e riordinare un gioco di fantasia. Mia nonna Lisetta, la mia nonna paterna, morì quando avevo l’età di Francesco e mio malgrado conservo pochissimi ricordi. Ho trattenuto alcune immagini: una bici color violetto, le paste della domenica, una mano che mi accarezza mentre gioco con i pirulini al tavolo di cucina. Spero che Francesco conservi molti ricordi di questi anni trascorsi con i suoi nonni.
In casa con noi viveva la nonna Giulia, vedova di mio nonno Nello, morto quando mia madre aveva 4 anni. Ho sempre pensato di essere il risultato di storie “normali”, col tempo ho scoperto che non era così. L’avventura terrena dei miei nonni materni è la prova tangibile di quanto la vita possa picchiare forte, non darti una seconda possibilità ma anche di amore e tenacia. Mia nonna Giulia morì nel 1999, prima di Natale, mentre ero a studiare inglese a Londra. Mia sorella venne a comunicarmelo a cose fatte, nello stile della mia famiglia. Ricordo che stavamo passeggiando nei pressi di St. Paul nel buio dei pomeriggi invernali. Il colpo mi arrivò qualche giorno più tardi, quando Francesca era ripartita. A dare il La fu, come mi accade spesso una canzone, precisamente l’ Alleluiah di Leonard Cohen interpretata da Jeff Buckley. Ho fatto tanto arrabbiare mia nonna che, senza dubbio, viveva per noi nipoti. Ripenso a tutto l’amore che metteva nel farci da mangiare, tenerci in ordine. Potessi tornare indietro sarei molto più buono con lei. Nel 1999, a 22 anni, non avevo più nonni in vita.
La storia che ho riletto grazie al libro di Rigoni Stern è quella dei miei nonni paterni Silvio e Lisetta. Mio nonno è morto quando avevo 16 anni, ero in gita di terza superiore a Venezia. Anche in questo caso ero lontano da casa. Al funerale piansi ininterrottamente. Mi ricordo che mio fratello faceva segno di calmarmi ma nonostante la timidezza e quella voglia di sentirsi grandi che si ha in terza superiore, non avevo nessuna intenzione di non farmi sentire. Credo che i nonni dello stesso sesso abbiano un significato particolare per ognuno di noi e quel giorno perdevo l’unico nonno maschio che avessi conosciuto. Mio nonno lavorava ai telai con mio zio Franco, aveva la faccia magra e scavata, la barba sempre fatta, i capelli stempiati come me, sempre in ordine. Lavorò finché la salute glielo permise, tutti i sabati andava dal barbiere, giocava a carte al circolo della parrocchia anche se non amava le discussioni. Spesso mi elargiva il frutto delle sue vittorie: caramelle all’orzo che mi piacevano tanto e al rabarbaro che mi piacevano meno. La domenica , io e il babbo andavamo alla messa al Giglio da un prete strampalato a cui facevo da chierichetto e poi a fare una girata. Talvolta andavamo a vedere la partita delle giovanili del Prato, talvolta sulla Retaia, spesso andavamo al cimitero di Santa Cristina, in Poggio, dove trovavamo sempre il nonno a curare la tomba della nonna Lisetta. Questa cosa di trovarlo lì, mai triste ma indaffarato mi è sempre sembrata molto bella. La Domenica, ogni tanto, veniva a pranzo da noi in bici, con dei fantastici vassoi di paste di Disarò. A primavera ci portava giganti mazzi di asparagi, a Natale ci dava 100.000 lire per uno. Parlava poco mio nonno, non tollerava le lamentele e non mi disse niente quando gli chiesi se avesse sparato in guerra.
Mio nonno, classe 1913, donò i suoi anni migliori ai sogni di Benito Mussolini. Svolse il servizio militare in Sardegna. Al termine della leva fu inviato nel Corno d’Africa durante la guerra d’Etiopia. Raccontava di aver consumato otto paia di stivali a fare la spola tra il porto ed il campo militare. Al ritorno sposò mia nonna Lisetta, era il 18 Gennaio del 1941. Provarono da subito ad avere dei figli ma per due volte non riuscirono a portare a termine la gravidanza. Mia nonna, che aveva perso il padre durante la prima guerra mondiale, dovette sopportare la partenza di suo marito per la seconda guerra mondiale. Era da poco rimasta in cinta quando mio nonno partì per l’Albania.
Abbiamo un piccolo diario del 1942 in cui mio nonno parla dei lavori da svolgere al campo, della fame, dell’amore per mia nonna Lisetta, delle speranze per quel figlio in arrivo. Per tutto il tempo della sua assenza nessuno ebbe notizia dell’altro.
“Siamo senza speranza” è quello che si legge su quelle pagine nel giorno dell’armistizio. I soldati al fronte furono costretti a scegliere se arruolarsi con l’esercito tedesco o darsi alla macchia ed unirsi ai movimenti partigiani di liberazione. Per un anno, fino alla fine della guerra, mio nonno si unì alla popolazione locale rischiando rappresaglie dei nazisti. Raccontava di esser stato messo al muro per esser fucilato in due occasioni e di essersela cavata per puro caso. Finita la guerra si imbarcò per Brindisi con altri soldati. Rientrò a casa a piedi e con mezzi di fortuna. Una signora anziana, all’epoca bambina, incontrata da mio padre alcune settima fa, gli ha detto di ricordare nitidamente la scena di questi gruppetti di soldati che rientravano a Prato da Firenze e di mia nonna sulla porta con mio zio Franco in braccio.
Purtroppo questo è tutto quello che conosco della storia di Silvio e Lisetta, i miei nonni.
Una storia molto diversa dai mie 20 anni, fatti di viaggi in Europa in tenda, serate allegre, amori, amicizie, concerti e tanta spensieratezza.
martedì 8 ottobre 2019
Prana 5-10-19
Sapete dov'era il telefono? Era per terra sul sentiero perchè in montagna ci vanno solo brave persone.
sabato 28 settembre 2019
Puntato 3-4/8/19
Due anni fa, in occasione del mio quarantesimo compleanno, "obbligai" molti dei miei amici a trascorrere una notte in tenda presso il rifugio Le Cave, nella riserva naturale Acquerino-Cantagallo. Per alcuni fu la prima volta in tenda, per altri, me per primo, fu come aprire nuovamente la zip su mille ricordi. Festeggiare il compleanno insieme agli amici di sempre, in un luogo bellissimo, fu molto emozionante.
A due anni di distanza abbiamo pensato fosse una buona idea ripetere l'esperienza in luogo differente. La scelta è caduta sulle Apuane, grazie al suggerimento del bagnino del bagno Stella Maris: suo genero Rayan gestisce un' azienda agricola al Puntato, nei pressi di Isola Santa. Avevo ammirato il Puntato nelle mie escursioni al Pizzo delle Saette e al Freddone ma mai vi ero andato di persona. Insieme a 28 valorosi, di cui 12 bambini, abbiamo raggiunto la destinazione zaino in spalla, senza nessun aiuto esterno, sbagliando strada, con la consueta tensione emotiva che si crea per la stanchezza e rende l'impresa più memorabile. Il luogo del nostro accampamento ha superato le nostre più rosee aspettative e ci ha fatto vivere quella selvaggitudine, Wilderness per dirla all' inglese, che difficilmente ho sperimentato in altre destinazioni.
Il Puntato è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio incorniciato dalle pareti verticali del Sumbra e Pizzo delle Saette. Qui abbiamo trascorso due giorni lontano da tutto, così vicini all'essenziale.
W la vita.
A due anni di distanza abbiamo pensato fosse una buona idea ripetere l'esperienza in luogo differente. La scelta è caduta sulle Apuane, grazie al suggerimento del bagnino del bagno Stella Maris: suo genero Rayan gestisce un' azienda agricola al Puntato, nei pressi di Isola Santa. Avevo ammirato il Puntato nelle mie escursioni al Pizzo delle Saette e al Freddone ma mai vi ero andato di persona. Insieme a 28 valorosi, di cui 12 bambini, abbiamo raggiunto la destinazione zaino in spalla, senza nessun aiuto esterno, sbagliando strada, con la consueta tensione emotiva che si crea per la stanchezza e rende l'impresa più memorabile. Il luogo del nostro accampamento ha superato le nostre più rosee aspettative e ci ha fatto vivere quella selvaggitudine, Wilderness per dirla all' inglese, che difficilmente ho sperimentato in altre destinazioni.
Il Puntato è un luogo fuori dal tempo e dallo spazio incorniciato dalle pareti verticali del Sumbra e Pizzo delle Saette. Qui abbiamo trascorso due giorni lontano da tutto, così vicini all'essenziale.
W la vita.
sabato 20 luglio 2019
Tambura da Campocatino 18-7-19
Con la fine dell' anno scolastico il mio studio si svuota lentamente ed inizio a programmare alcune giornate da trascorrere con Francesco o fughe in moto. Nelle ultime settimane ho trascorso alcuni giorni al Cinquale con Simona e Francesco, godendomi un po' di calma dopo il solito anno vissuto di corsa. Da settembre ho fatto tanta attività fisica, compresa una gara di crossfit ma camminato pochissimo: due girate in Calvana, una breve escursione in val Serenaia con Luigi in inverno, un pranzo al lago Scaffaiolo. Domenica scorsa con Marco e mio cugino Alessandro avevamo organizzato la traversata del Sumbra da Capanne di Careggine ad Arni. Le previsioni meteo annunciavano cielo coperto con miglioramento nel pomeriggio tuttavia appena raggiunto il crinale, siamo stati travolti da un nubifragio che ci ha accompagnato per più di un'ora costringendoci a tornare indietro, abbandonare il sentiero e scendere su una strada bianca diventata un ruscello. Ho pensato più volte che ero fortunato a non essere andato da solo, la paura in quelle situazioni può giocare brutti scherzi. Grazie a Dio, alla mia prudenza, al gps di mio cugino, al senso dell' orientamento di Marco, siamo arrivati alla strada asfaltata ed infine alla macchina.
Nonostante sia cosciente che andare in montagna da soli possa essere pericoloso, mi piace programmare alcune girate da solo, scegliendo itinerari senza insidie. Un anno fa interruppi a metà una mia escursione solitaria sulla Tambura da Campocatino perché in un canale pieno di neve ghiacciata, non riuscii a vedere dove proseguiva il sentiero. Tornare indietro dopo aver guidato per due ore e rinunciare a proseguire fu doloroso ma non volli seguire tre sconosciuti che mi sembravano troppo spavaldi.
Ieri avevo programmato un giorno senza lavoro e sono tornato in moto a Campocatino per finire quel giro che avevo lasciato a metà. Camminare da solo mi piace, mi piace dover stare attento alla strada da seguire, i pensieri si districano nella mia mente. Sono arrivato sulla Tambura attraversando la Carcaraia e ridisceso sul tratto della Vandelli che dal passo tambura prosegue verso Modena. In moto sono andato con molta calma, passando da Careggine, Tre Fiumi, il Cipollaio e giù verso il mare.
Ieri avevo programmato un giorno senza lavoro e sono tornato in moto a Campocatino per finire quel giro che avevo lasciato a metà. Camminare da solo mi piace, mi piace dover stare attento alla strada da seguire, i pensieri si districano nella mia mente. Sono arrivato sulla Tambura attraversando la Carcaraia e ridisceso sul tratto della Vandelli che dal passo tambura prosegue verso Modena. In moto sono andato con molta calma, passando da Careggine, Tre Fiumi, il Cipollaio e giù verso il mare.
martedì 5 marzo 2019
Pratomagno 3-3-19
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