lunedì 21 giugno 2010

Valore di Erri de Luca

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finche' dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e' risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varra' piu' niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'e' il nord, qual'e' il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

Molti di questi valori non ho conosciuto.

mercoledì 2 giugno 2010

Pizzo d'Uccello 30-05-10






















Da una settimana avevo in mente di lenire il vuoto generato dalla temporanea assenza della mia consorte, con una bella gita fuoriporta. Tale gita fuoriporta avrebbe dovuto coniugare l'impiego del mezzo meccanico a due ruote e degli scarponi. Quale posto migliore del Pizzo d'Uccello, cima di prim'ordine della catena apuana a 200 chilometri di asfalto da casa, teatro di innumerevoli imprese alpinistiche? La via normale viene indicata per escursionisti esperti con qualche passaggio in cui c'è bisogno di usare le mani, in definitiva alla portata di tutti.
La sera precedente la partenza ero agitato per questa mia impresa solitaria. Ci tenevo a farla da solo, non so perchè.
Sveglia alle sei e partenza alle sette. Autostrada fino a Capannori per poi imboccare la statale che risale la valle del Serchio. Sosta caffè al ponte della Maddalena. A Piazza al Serchio avvisto la sagoma appuntita del Pizzo d'Uccello con la sua parete nord a strapiombo. Ci sarà da preoccuparsi?
Giungo finalmente nella valle dell'Orto di Donna ai piedi dei rilievi che ho studiato durante l'inverno. Parcheggio, mi cambio e parto. Risalgo una cava fino a giungere a Foce di Giovo, sella erbosa a cavallo tra la Cresta Garnerone e la cresta est del Pizzo d'Uccello. La mia meta è avvolta dalla nebbia, ahimè. Proseguo con immutata convinzione. Sul sentiero che si inerpica in salita tra le rocce, incontro un gruppo di Bolzano che procede a ritroso. Mi anticipano che non troverò anima viva sulla mia strada. Indietro non si torna, questo è sicuro. Di lì a poco dalla nebbia spunta un tale alla mia destra che mi precederà fino alla vetta. Tutto sommato la salita mi appare agevole; ero preparato al peggio. La nebbia ha il vantaggio di mitigare l'esposizione. Il tale sulla vetta mangia un Kinder cereali e riparte salutandomi. Penso sia giusto soffermarmi un po' confidando in un colpo di vento che mi mostri cosa c'è in lontananza. Mangio. Aspetto ancora. Tira vento ma la nebbia non se ne va.
E' tempo di partire.
L'itinerario prescelto contempla il rientro per lo stesso percorso fino al Giovetto. Da qui si prende a sinistra su sentiero fino a Foce Siggioli, terrazzo ideale per ammirare i 700 metri di caduta verticale della parete Nord. Scendo con calma animato da piacevoli sensazioni. Una frecca nera dipinta sulla roccia indica Foce Siggioli (per escursionisti esperti). Senza pensarci troppo prendo a sinistra. La strada è tracciata, mi accontento di questo. I segni mi indicano il cammino poco sotto il filo di cresta mentre dal basso risale veloce la nebbia. Pian piano i segni diventano più radi e il sentiero appare poco battuto. Supero un tratto particolarmente scosceso con la schiena a valle e l'aiuto delle mani. Poi c'è il paleo. Comincio a spaventarmi. Non vedo più i segni, faccio su e giù in diverse direzioni per trovare una pennellata amica di colore rosso. Niente. Mi maledico un po'. Esperto è chi ha compiuto un dato itinerario con qualcuno che l'ha già fatto in precedenza. Da oggi questo è per me il senso dell'essere esperti in montagna. Decido che l'unica cosa da fare è seguire la cresta (di Capradossa) fino ad un alberello in lontananza. Troppo "sdrucciolevoli" le alternative. All'albero trovo un sentiero, non segnato, ma un sentiero. Giro a destra. Sono ancora un po' agitato. Continuo nel bosco dove a breve incontro i segni bianchi e rossi. Dopo una ventina di minuti scorgo un segnavia, quello del Giovetto. Sono più sereno. Il Pizzo d'Uccello è adesso libero dalla nebbia. Lo ammiro in compagnia di una mela. Devo aver fatto un pezzo di strada di troppo. Un sentiero ben segnalato, tra i faggi, mi conduce fino al rifugio Donegani. La mia moto è lì che aspetta. A Castelnuovo Garfagnana prendo per Arni e giù fino in Versilia dove mio nipote Giulio studia da costruttore di castelli di sabbia.

Foto Ciure

Devo ammettere di averla fatta un po' lunga con questo Pizzo d'Uccello. Tuttavia ho trovato in rete una foto che rende merito al tratto di sentiero che mi ha fatto spaventare. Mi sembra dunque doveroso condividere. Eccola qua (si fa per ridere un po'). Queste sono fedeli: qui e qui (da angolazioni opposte).

Pania 24-8-21

Se la memoria non mi tradisce oggi è stata la mia decima ascensione sulla Pania. Sono partito da Pruno e mi sono goduto tutto il percorso, s...